30.5.21

CAMALDOLI-LA VERNA - DIVINA COMMEDIA

EREMO DI CAMALDOLI 




𝑷𝒖𝒓𝒈𝒂𝒕𝒐𝒓𝒊𝒐 𝑽, 94 - 96

……..” Oh ! , rispuos'elli, a pie' del Casentino
traversa un'acqua c'ha nome l’ 𝐀𝐫𝐜𝐡𝐢𝐚𝐧𝐨,
che sovra l'𝐄𝐫𝐦𝐨 nasce in Apennino.”
𝐄𝐫𝐦𝐨 – Eremo di Camaldoli . Oggi si intendono il monastero e la foresta circostante, area compresa nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi.
Si trova a un’altezza di circa 1100 m. e fu fondato da San Romualdo intorno all'anno 1025 in una radura detta Campo di Maldolo, probabilmente dal nome del proprietario dei terreni. Tra le celle visitabili anche quella dello stesso San Romualdo, citato nel Paradiso XXII, 49.
Circa 3 km sotto l’eremo si trova il monastero, nato come ospizio per i pellegrini.
Il monastero era chiamato anticamente Fonte-Bono; accanto ad esso scorre il Fosso di Camaldoli che va a gettarsi nell’Archiano, e che era considerato fino al XV secolo la parte iniziale di questo torrente. Solo successivamente prese il nome di Fosso di Camaldoli e 𝐀𝐫𝐜𝐡𝐢𝐚𝐧𝐨 fu denominato quel tratto di corso d'acqua che proviene da Badia Prataglia.

LA VERNA


𝑷𝒂𝒓𝒂𝒅𝒊𝒔𝒐 𝑿𝑰, 106

……”.𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐫𝐮𝐝𝐨 𝐬𝐚𝐬𝐬𝐨 intra Tevero e Arno
da Cristo prese l'ultimo sigillo,
che le sue membra due anni portarno”
𝐧𝐞𝐥 𝐜𝐫𝐮𝐝𝐨 𝐬𝐚𝐬𝐬𝐨 – La Verna: nel 1224 vi si ritirò San Francesco d'Assisi con i suoi seguaci, edificandovi una piccola chiesa. Nel 1262 i Conti Guidi vi fecero edificare la Cappella delle Stimmate come segno di devozione verso il Santo.
Un erudito francescano del Seicento, Padre Salvatore Vitale, racconta in un libro devozionale l’antica storia del luogo: «Questo sacro Monte, per tradizione di memoria antichissima si sa, e per molti Autori, che fu nominato Laverna per un Tempio di Laverna, Dea gentilica di ladroni quivi edificato, e frequentato da molti briganti che si rifugiavano nelle caverne e nel bosco da dove potevano recarsi a predare i viandanti”. Laverna, un’antica divinità italica del mondo sotterraneo, era venerata anche a Roma come protettrice dei ladri.
Il Santuario, nella forma che conosciamo oggi con il grande convento e la basilica maggiore, venne eretto nel XV e XVI secolo.




DANTE E I CASTELLI DEL CASENTINO

 


I Conti Guidi presero molto a cuore le sorti di Dante esiliato da Firenze e lo ospitarono nei loro castelli del Casentino: 𝗣𝗼𝗽𝗽𝗶, 𝗥𝗼𝗺𝗲𝗻𝗮, 𝗣𝗼𝗿𝗰𝗶𝗮𝗻𝗼.
𝙋𝙤𝙥𝙥𝙞 - Dante fu ospitato nel 1310 dal Conte Guido Simone da Battifolle; si dice che qui egli abbia composto il XXXIII Canto dell'Inferno. Il castello domina il vecchio paese e la vallata del Casentino. Al suo interno si trova la Biblioteca Rilliana che conserva 25.000 volumi antichi .
Secondo Vasari, Arnolfo di Cambio avrebbe utilizzato il Castello di Poppi, in particolare la torre, come prototipo per la realizzazione di Palazzo Vecchio a Firenze.


𝙍𝙤𝙢𝙚𝙣𝙖 – Il castello fu eretto intorno all'anno Mille per volontà del Conte Alberto da Spoleto e diventò, in seguito, una delle principali sedi fortificate della casata dei conti Guidi. Il Castello è ancora oggi uno splendido esempio di fortezza medievale, anche se molto ridotto rispetto al passato. La Torre delle Prigioni è una delle torri rimaste in piedi dell’antico castello che un tempo era cinto da tre giri di mura. Il toponimo Romena o Ormena è un vocabolo di origine etrusca . Dante nomina il castello nel canto XXX dell’Inferno, nell’episodio di Mastro Adamo, che pagò con la vita l’aver falsificato, per conto dei Guidi, i fiorini di Firenze.


𝙋𝙤𝙧𝙘𝙞𝙖𝙣𝙤 - Fu uno dei primi possedimenti feudali dei conti Guidi.
Documentato nel 1017 come "locus Porciano", nel 1115 viene citato come "castrum" in associazione al suo borgo e nel 1164 è confermato di proprietà dei Conti Guidi in un documento dell'imperatore svevo Federico I Barbarossa.
Dante vi fu ospitato durante il suo esilio tra ottobre del 1310 e aprile del 1311 e qui scrisse tre delle sue celebri epistole latine: “Ai Principi e Popoli d’Italia”, “Ai Fiorentini” e “Ad Arrigo VII”.



22.5.21

POPPI (Ar)

 









Poppi, a differenza di Romena, si presta a tutti gli
aspetti mutevoli della giornata.

Nessun altro luogo subisce così tanto
il fascino dell'effetto atmosferico come questa piccola
città con l'alta torre marrone.

All'inizio della mattina la vedi come in trono su un oceano di nebbia,
oscura, eterea, un oggetto non basato sulla terra.

Con la luce del sole assume la realtà e per tutto il giorno
cambia dall'oro all'ametista secondo il passaggio delle nuvole.

Ma la sera porta l'incanto più profondo;
nel crepuscolo viola, luccica, risplende
nel grembo delle colline oscure.

Ella Noyes "THE CASENTINO AND ITS STORY" 1905














1.1.21

Gli alberi più alti d'Italia a Vallombrosa

 Abete Douglas

Deve il suo nome a Davide Douglas uno scienziato scozzese che dal Nord America introdusse i semi in Europa nella prima metà del 1800.

Nel 2016 un team di ricercatori ha stabilito che l' Abete Douglas, all'interno della foresta di Vallombrosa, con i suoi metri 62,45 è l'albero più alto d'Italia. 

L'Anello dei giganti è  un sentiero perfettamente segnalato e inizia davanti alla vecchia costruzione, ex residenza signorile, ex albergo del Lago che si trova circa a metà della strada tra la Consuma e Vallombrosa.

Davanti a questo edficio, un monumeto e una fontana dietro la quale inizia il sentiero. 



                











Continuando per il sentiero si raggiunge il Metato, casa estiva per vacanze, e in breve tempo la strada asfaltata per la quale si torna all'inizio dell'escursione. 







28.12.20

CAMALDOLI

 


Con Camaldoli si intende l’eremo, il monastero e la montagna su cui sorgono entrambi, all'interno del parco delle foreste casentinesi.

L’eremo fu fondato da San Romualdo circa nel 1012 in un radura detta Campo di Maldolo, probabilmente dal nome del proprietario dei terreni. Tra le celle visitabili è visibile quella di San Romualdo. 






 La foresteria,  3 km circa sotto l’eremo, nata come ospizio, nel locale eretto da San Romualdo per gli ospiti e i pellegrini fu trasformata successivamente in monastero.

Il monastero era chiamato anticamente Fonte-Bono per le abbondanti acque da cui è circondato, provenienti dalla catena appenninica che divide la Romagna dal Casentino. Si trova proprio sopra il fosso di Camaldoli sul quale sorgeva un’antica segheria. 

Una parte di esso era riservata ai malati, solo maschili,  portati dai paesi vicini e che venivano curati dai monaci fino alla completa guarigione. Fu istituita anche una farmacia dove il monaco speziale preparava le medicine e fino a pochi anni fa si potevano ammirare i vecchi utensili e vecchi libri e ricettari. 


 Centro di ritrovo per gli umanisti del ‘500, albergo e centro culturale in epoca moderna, la foresteria ospita innumerevoli convegni e gruppi culturali. Circondata dalla magnifica foresta è luogo di partenza per le innumerevoli escursioni che portano a conoscere tutta la montagna circostante. 

 La chiesa, a lato della foresteria, è stata distrutta e ricostruita più volte. Al suo interno si trovano  pregevoli opere tra cui alcuni dipinti del Vasari.                                                                                                                   


LA FORESTA

La foresta di Camaldoli è una delle 149 riserve naturali e foreste demaniali del Raggruppamento Carabinieri per la Biodiversità ed è inserita nel complesso delle Riserve Naturali Biogenetiche Casentinesi gestite dal Reparto Carabinieri Biodiversità di Pratovecchio 

   https://it.wikipedia.org/wiki/Riserva_naturale_Camaldoli           https://www.parcoforestecasentinesi.it/it













 


    







                                           

 


6.12.20

Eremo di San Viviano e Roccandagia - Apuane

Da Campocatino (1010m.), antico alpeggio dai caratteristici "caselli", costruzioni a due piani che ospitavano i pastori e i loro animali, si raggiunge in breve tempo, mantenendo sulla destra l'imponente parete del Monte Roccandagia (1717m.), l'Eremo di San Viviano (o Viano). Si tratta di una cappella d'abri, ovvero sotto la roccia, già documentata in una visita pastorale risalente al 1568. La leggenda popolare ci racconta che Viviano fosse di origine reggiana, amante della natura (in zona crescono  cavoli selvatici chiamati appunto "cavoli di San Viviano", di cui si narra egli si nutrisse abbondantemente) e che abbia sempre condotto una vita umile, dapprima lavorando la terra, poi ritirandosi a vivere in solitudine; è inoltre considerato protettore dei cavatori di marmo.

Tornando sui nostri passi è possibile raggiungere la sovrastante vetta del Monte Roccandagia. La via escursionistica senza particolari difficoltà inizia infatti da Campocatino e segue il sentiero numero CAI 177; in alternativa possiamo raggiungere la cresta seguendo appunto il "canale di San Viviano", percorso non segnato il cui inizio si trova proseguendo lungo il sentiero CAI 147 (lo stesso che abbiamo seguito per raggiungere l'eremo) e che presenta alcuni impegnativi passaggi su roccia (difficoltà EE+/PD), quindi da intraprendere con cautela.